07/08/2019 - Sorpresa: il giudice ordinario non è competente a decidere sul panino a mensa. Il caso dunque non è affatto chiuso
tratto da Italia Oggi - 06 Agosto 2019
Sorpresa: il giudice ordinario non è competente a decidere sul panino a mensa. Il caso dunque non è affatto chiuso
di CARLO FORTE - Italia Oggi - 06 Agosto 2019
Le Sezioni unite della Corte di cassazione alzano le mani davanti alle liti tra genitori e scuole sull' autorefezione scolastica. Non esiste alcun diritto, per i genitori degli alunni, a pretendere che i propri figli rimangano a scuola durante l' orario di mensa astenendosi dal consumare il cibo della mensa e optando per il panino o altro cibo portato da casa. E siccome il diritto non esiste, il giudice ordinario, che ha titolo a pronunciarsi solo sui diritti, non ha il potere di risolvere la questione. I genitori, però, hanno comunque diritto «di influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa, rimesse all' autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche, in attuazione dei principi di buon andamento dell' amministrazione pubblica». Così ha deciso il massimo collegio della giurisprudenza ordinaria con una sentenza depositata il 30 luglio scorso (20504). La sentenza integra l' orientamento del Consiglio di stato, incline a ritenere che eventuali provvedimenti limitativi della facoltà dei genitori di consentire ai propri figli di portare il cibo da casa, rientrerebbe comunque nella sfera di giurisdizione del giudice amministrativo. Perché in sindacato del giudice amministrativo agisce sulla legittimità o meno dell' esercizio del potere autoritativo dell' amministrazione nel vietare agli alunni all' autorefezione e non sull' accertamento del diritto dei genitori ad optare per il cibo portato da casa. Su questo, però, le Sezioni unite si sono pronunciate solo implicitamente.
I giudici di palazzo Cavour, infatti, hanno chiarito in via definitiva che il diritto al panino da casa in luogo della refezione non esiste. E quindi non è materia per il giudice ordinario, che ha titolo a pronunciarsi solo se si tratta di diritti: niente diritto = niente giurisdizione del giudice ordinario. Ma hanno omesso di pronunciarsi esplicitamente sulla questione della giurisdizione. Astenendosi dal dire se la materia vada trattata davanti al giudice ordinario o davanti alla magistratura amministrativa. Ciò perché, nel corso dei giudizi di merito di I e II grado che avevano preceduto il giudizio di legittimità, nessuna delle parti aveva azionato il cosiddetto regolamento di giurisdizione: un ricorso incidentale con il quale una delle due parti rimette la questione davanti alle Sezioni unite, che si pronunciano sulla questione confermando o negando l' esistenza della giurisdizione del giudice davanti al quale il giudizio viene celebrato.
Le norme procedurali, peraltro, prevedono che, qualora le Sezioni unite neghino l' esistenza della giurisdizione, la parte abbia diritto di spostare il giudizio in corso davanti al giudice munito di giurisdizione (cosiddetta traslatio iudicii). In questo caso, probabilmente, se il regolamento fosse stato azionato per tempo, le Sezioni si sarebbero pronunciate per la sussistenza della giurisprudenza del giudice amministrativo. Proprio perché, non esistendo un diritto a portarsi il panino da casa, l' oggetto della pretesa dei genitori non può che configurarsi come mero interesse legittimo. In pratica non si tratterebbe di una facoltà in capo al genitore di perseguire il proprio interesse godendo della protezione dell' ordinamento (diritto soggettivo). Ma di un' aspirazione a un bene della vita oggetto di potere amministrativo (interesse legittimo). Dunque, la partita non si è affatto conclusa. Tanto più che le Sezioni unite, nella parte della sentenza in cui si enuncia il principio di diritto, indicano la strada ai genitori per procedere contro provvedimenti delle scuole e dei comuni che dovessero precludere l' interesse legittimo a far consumare ai propri figli cibi portati da casa (autorefezione) anziché quelli offerti dal servizio di mensa scolastica.
In primo luogo intervenendo direttamente sui comuni e sulle scuole per chiedere di inserire nei regolamenti in materia disposizioni che possano recepire le loro richieste. Anche per quanto riguarda i criteri di scelta delle ditte a cui affidare il servizio. E in aggiunta o in alternativa impugnando i provvedimenti finali davanti al giudice amministrativo. Davanti al quale non è possibile fare valere i diritti. Diritti che in questo caso non esistono. Ma è sempre possibile far valere la lesione dei loro interessi legittimi a vedersi accogliere le proprie richieste. Resta da vedere come si evolverà il contenzioso, che è ben lontano da una soluzione definitiva. E che ha un rovescio della medaglia. Anche perché, specie nelle scuole del Sud, la permanenza del tempo prolungato e del tempo pieno sono sempre più a rischio. La normativa, infatti, prevede in via generale che in presenza di queste particolari articolazioni del tempo-scuola agli alunni debba essere garantito anche l' accesso al servizio mensa. Ma le spese di attivazione e fornitura del servizio sono a cura dell' ente locale. E siccome non sempre l' ente locale ha soldi a sufficienza per attivare tempestivamente il servizio, talvolta portarsi il panino da casa diventa una necessità.